giovedì 7 dicembre 2006

Le “convenzioni” regolano davvero tutte le interazioni?

Il mutuo rispetto dell’interlocutore, che corrisponde all’accettazione – almeno pro forma –
della “faccia” che l’altro propone di sé, è la regola che permette il buon funzionamento dell’interazione. Questo meccanismo è il “gioco di faccia” descritto da Goffman, ed è una pratica abituale, che tutti applicano anche se inconsciamente. Il gioco di faccia è un repertorio caratteristico di una persona, di una cultura.
Con questo si intende che le “convenzioni” cambiano a seconda della cultura in cui uno si trova?
Sì. Infatti, Goffman cita l’esempio della cultura cinese, nella quale “ un semplice “no” è considerato il massimo della scortesia. Un rifiuto di qualsiasi tipo deve essere attenuato da un’espressione di costernata incapacità. (…) Secoli di esperienza in questa forma sottile di reticenza hanno reso i Cinesi insuperabili nell’inventare ogni sorta di scuse.”
Si veda Chelster Holcombe, The Real Chinaman, New York, Dodd, Mead, 1895, citato da Goffman, ibidem, p. 32.

In questo senso il “gioco di faccia” può essere visto come un giogo, poiché è costituito da regole molto forti dalle quali non si può uscire. Ognuno di noi è quindi portato a prendere sempre in considerazione le conseguenze dei suoi atti sulla sua “faccia”.

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